La scorsa estate si è consumato il divorzio fra Maurizio Sarri ed il Napoli di Aurelio De Laurentis.

Un divorzio sanguinoso avvenuto offline ed in diretta tv con delle modalità che hanno lasciato l'amaro in bocca ai tifosi napoletani tutti e soprattutto all'ex allenatore toscano.

Il presidente De Laurentis, dopo un tira e molla lungo mesi, ha praticamente silurato Sarri senza preavviso, virando definitivamente su Carlo Ancelotti.

Aldilà dello stile tutt'altro che impeccabile nell'affrontare tutto ciò erano in pochi ad aspettarsi un congedo cosi freddo verso un allenatore che, pur non vincendo trofei, ha fatto la storia recente e non del club partenopeo.

In soli 3 anni il Napoli è passato da essere una bella realtà italiana ad essere una contender seria per lo scudetto ed una squadra il cui gioco è stato apprezzato in tutto il mondo a tal punto da coniare il termine "Sarrismo".

La furbata di De Laurentis è stata quella di consumare il divorzio spendendo uno dei pochi nomi su piazza che, almeno in teoria, non avrebbe fatto rimpiangere il "Maestro".

In molti erano scettici, soprattutto a Napoli.

Ma aldilà delle questioni di cuore che vedranno Sarri avere sempre un posto privilegiato a Napoli, era davvero il caso di giudicare nefasta la scelta di De Laurentis?

Il "Sarrismo"

Il calcio è uno sport e nello sport, si dice, l'importante è partecipare.

A differenza di tanti altri sport e a differenza di tanti altri paesi in Italia vige la regola che se non vinci sei un perdente.

Pare che non conti altro.

Nell'analisi della stagione di una squadra non si tiene conto di quali siano le potenzialità, di se quella società abbia tenuto i conti a posto, di quanto sia divertente veder giocare quel team, di quale sia il valore della Rosa, di quale sia la storia e il contesto.

Se sei una squadra di alta classifica devi vincere il campionato. Se sei di media grandezza devi andare in Europa, se sei piccola devi salvarti.

Se non raggiungi questi obiettivi hai fallito.

Chi non vince è perduto.

E' una mentalità perdente che fa dell'Italia, anche in un campo sportivo, un paese con una sottocultura becera e clamorosamente suicida.

Esistono anche gli avversari. Esistono i rapporti di forza.

Non si può pensare che una squadra come il Napoli, che ha vinto solo con Maradona nella sua storia, e che nella storia recente ha vissuto la Serie C e la bancarotta possa competere con colossi come Juventus in primis ma anche Roma, Inter e Milan che hanno, ad esempio, proprietà estere composte da magnati multimilionari che vivono le società come fossero delle multinazionali.

L'avvento di Sarri è stato come quello di un messia sportivo che ha portato in quella piazza la certezza di essere una società virtuosa, sana e competitiva che, come Davide contro Golia, potesse ambire a qualcosa di speciale.

Maurizio Sarri, venuto dall'esperienza ad Empoli (non a Barcellona o PSG), ha portato una cultura sportiva e del lavoro che era impossibile da trovare altrove in questo momento storico.

Il lavoro del tecnico toscano è stato maniacale ed è stato incentrato tutto su allenamenti tecnici e fisici innovativi e di altissimo livello che prediligevano il controllo del pallone e della partita all'adattamento verso avversari e situazioni.

Ogni allenatore nel suo inconscio si pone sempre la stessa domanda:

Saranno gli avversari a costringermi ad adattarmi al loro gioco o sarò io a costringere loro ad adattarsi al mio?

Maurizio Sarri, per la prima volta nella storia del Napoli, ha costretto tutti gli avversari a cercare aggiustamenti in modo da contrastare lo strapotere tecnico - tattico del Napoli.

Il Sarrismo è stato erroneamente confuso con uno stile di gioco offensivo.

Nulla di più sbagliato.

La fase difensiva del Napoli di Sarri è stata una delle più complesse ed efficaci degli ultimi 30 anni.

Il concetto chiave era quello di reiterare movimenti unici per ogni fase di non possesso.

Che significa?

I difensori del napoli e gli 11 giocatori nel complesso registravano movimenti sincroni e schematici a seconda di dove si trovasse il pallone nella fase offensiva avversaria.

Nulla era lasciato al caso.

I giocatori del Napoli non aggredivano mai il portatore di palla in quanto tale ma creavano condizioni tali per cui la squadra avversaria non riuscisse mai a trovare sbocchi per insediare la porta di Reina.

Non è un caso che la granitica difesa del Napoli abbia concesso spesso gol dalla lunga distanza o da situazioni di palla ferma ma raramente abbia concesso alla squadra avversaria di costruire occasioni da gol.

Per quanto riguarda la fase offensiva tutti hanno maggiore familiarità con quella che era una manovra avvolgente fatta di piccoli tocchi, passaggi di prima e tagli degli esterni d'attacco con terzini sempre pronti a sovrapporsi e cercare lo scarico dietro più che il cross in area. Non è un caso che per 3 anni il Napoli abbia avuto il record positivo di passaggi riusciti e possesso palla in tutta la serie A, risultando sempre in top 10 in Europa.

In 3 anni si contano sulle dita della mano le partite in cui il Napoli Sarriano abbia giocato peggio dell'avversario, anche nelle sconfitte restava l'impressione che ci fosse stata sfortuna o imprecisione più che demerito come causa principale della sconfitta.

Ancelotti, tra pragmatismo e dinamismo

Con queste premesse si affacciava Ancelotti.

Far dimenticare Sarri o almeno non farlo rimpiangere sembrava una delle imprese impossibili che possono capitare ad un allenatore.

Poco sembrava importare che Carletto fosse uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio, con campionati e Champions vinte con facilità disarmanti in contesti e campionati diversi.

"Ha sempre allenato squadre imbottite di campioni" dicevano tutti e dicono ancora in molti.

"Non giocherà bene, il gioco non sa crearlo" dicevano altri.

Fesserie, chi diceva e dice questo non ha visto le squadre di Ancelotti giocare e non ha idea di quanti allenatori falliscano e abbiano fallito pur avendo squadre di campioni in rosa.

A poco più di un mese dall'inizio del campionato il Napoli vanta 5 vittorie ed un pareggio e può considerarsi al momento come la squadra che gioca il calcio migliore.

Non siamo ancora ai livelli di Sarri, le qualità sono diverse, le caratteristiche sono cambiate e anche i modi di allenare ed intendere il calcio giocato, ma tutto lascia presagire che Ancelotti possa fare un ottimo lavoro, in un contesto dove la Juventus imbattibile di questi anni ha acquistato il giocatore più forte al mondo e tutte le altre contender han piazzato colpi di mercato da urlo.

Cosa è cambiato?

Tra Ancelotti e Sarri c'è una grande differenza nel modo di intendere il gioco, la tattica e gli allenamenti.

Con Sarri c'era necessità di giocatori che rendessero il meccanismo perfetto. Non erano la somma dei singoli giocatori a fare il totale ma l'esatto opposto. Era l'idea di gioco a dover essere perfezionata e massimizzata attraverso lo studio e la disponibilità dei singoli.

Per far si che questo avvenisse era necessario non cambiare molto gli attori in campo.

Ecco perchè il turn over con Sarri sembrava essere una parolaccia. In molti hanno criticato l'allenatore toscano per questo, salvo ricredersi quando nelle poche occasioni in cui il turn over veniva praticato il Napoli sfigurava.

I vari Hisaj, Mertens, Ghoulam ad esempio riuscivano a rendere perfetta la macchina, perchè avevano capito benissimo quali fossero i movimenti e le logiche che Sarri desiderava attuare.

Se in 3 anni il Napoli ha battuto sempre se stesso, migliorando i propri record stagionali all time, è entrato nel mirino di tanti allenatori che hanno iniziato a studiare i Sarrismo e se Higuain è riuscito a battere il vecchissimo record di Angelillo in fatto di marcature annuali in campionato il merito è stato esclusivamente di Sarri.

Con Ancelotti questa rigidità è evaporata.

In 6 partite di campionato egli ha schierato ben 21 titolari diversi! Più di quanti Sarri ne avesse schierati in una stagione.

Più turn over quindi e tanto coinvolgimento per tutti i giocatori.

Con Ancelotti tutti si sentono motivati e importanti.

Con Sarri 13-14 giocatori si sentivano speciali. Il resto si sentivano emarginati.

Anche De Laurentis aveva sempre criticato questo a Sarri e adesso Ancelotti sta accontentando il presidente valorizzando tutti da Luperto a Maksimovic, da Rog a Diawara, da Milik a Verdi, da Malcuit a Ruiz, passando per Ounas.

Questa varietà ha consentito a Carletto di modulare lo schema di gioco a seconda degli avversari e delle situazioni passando dal 4-3-3 iniziale a moduli come il 4-4-2 al 4-2-3-1 e 4-4-1-1.

Gli avversari del Napoli che prima sapevano a cosa andare incontro e si adattavano a Sarri cercando di limitare i danni oggi non sanno letteralmente il Napoli chi schiererà e con che modulo giocherà.

Al tempo stesso Ancelotti ha a disposizione tante soluzioni e tanti giocatori per poter affrontare ad armi pari qualsiasi avversario.

Ne perde un pò lo spettacolo e vi saranno maggiori buchi difensivi e situazioni in cui i partenopei dovranno stringere i denti ma vi saranno sicuramente anche tante altre frecce da scagliare.

Se con Sarri erano sempre gli avversari a doversi adattare oggi il Napoli può permettersi di adattarsi agli avversari senza perdere identità e supremazia tecnico tattica.

Con Sarri, inoltre, assistevamo a manovre avvolgenti e forcing continuo con 90 minuti di dominio azzurro.

Con Ancelotti il Napoli ha smesso di essere avvolgente ed estenuante della manovra mantenendo altissimo il possesso palla e non rallentando mai la propria azione offensiva.

I terzini sono molto più alti, i centrocampisti molto più votati agli inserimenti e la presenza di Milik in area ha donato molta più altezza e presenza fisica in area avversaria.

Nella storia 

2 modi diversi di concepire il calcio che non sembrano, però, determinare un calo nei risultati del Napoli.

Se l'importante è vincere allora forse un giorno ne Sarri ne Ancelotti saranno ricordati.

Chi ama il calcio, chi ha memoria storica e sportiva saprà apprezzare entrambi.

Sarri, che piaccia o meno, è già negli annali del calcio.

Ancelotti pure.

Il tempo ci dirà chi sarà stato più importante e vincente per il "ciuccio" e i tifosi partenopei.